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Laureato presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Trento
Iscritto all'Albo Ordinario degli Avvocati presso l'Ordine degli Avvocati di Verona
Iscritto all'Albo Speciale degli Avvocati abilitati al patrocinio dinnanzi la corte di Cassazione e le altre Giurisdizioni Superiori tenuto dal Consiglio Nazionale Forense
Socio dell'AIAF
(Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori)
Socio dell'UGCI
(Unione Giuristi Cattolici Italiani)
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Il concepimento di un figlio durante la vigenza del rapporto di coniugio comporta la presunzione di paternita' ex art. 231 c.c., presumendosi per legge che il marito sia il padre del figlio concepito dalla moglie durante il matrimonio.
Cio' nonostante, com’è noto, la prova dell’inesistenza del rapporto di filiazione può essere fornita in ogni modo.
Mentre, tuttavia, nel caso di concepimento avvenuto naturalmente sono determinanti gli esami immunogenetici ed ematologici finalizzati a dimostrare l’insussistenza di vincolo biologico tra il figlio ed il presunto padre, nel caso di procreazione medicalmente assistita, in particolare nel caso specifico di fecondazione assistita eterologa, essendo irrilevante il dato genetico (essendo certi ab origine che il nascituro non sia figlio biologico del presunto padre), oggetto di prova ai fini del disconoscimento di paternità è unicamente l’insussistenza del consenso del marito al concepimento attraverso tale pratica da parte della moglie (cfr. art. 4, comma 2, lett. b e art. 6, legge n. 40/2004; C. Cost., 10/06/2014, n. 162; Cassazione Civ., Sez. I, 11/07/2012, n. 11644; Trib. Cagliari, ord. 02/05/2015), prova che può quindi essere acquisita dal Giudice anche anteriormente alla nascita, consentendo quindi di giungere alla sentenza di disconoscimento in tempi più rapidi, e ciò a beneficio del minore.
Appare quindi necessario indagare e ricercare documentazione utile a dimostrare l'eventuale esistenza o meno del consenso al trattamento di procreazione medicalmente assistita, che, in talune circostanze ed in altri paesi, potrebbe anche essere effettuata dalla donna senza la partecipazione del marito presunto padre ex lege.
Acquisita tale documentazione, sussistono quindi i presupposti perché sia proposta la domanda di disconoscimento di paternità del presunto padre nei confronti del figlio, senza la necessità di disporre ulteriore attività istruttoria, potendo il Giudice trovare conferma della fondatezza dell'azione proposta nella documentazione prodotta, qualora da detta documentazione emerga sia l’assenza di vincolo biologico sia l’assenza di consenso del presunto padre alla p.m.a.
Per quanto concerne la proponibilità dell’azione anteriormente alla nascita del figlio, se pur i precedenti in giurisprudenza siano pochissimi data la particolarità dell’azione (si registra solo un precedente in Cassazione risalente al 1953), si evidenzia che una recente pronuncia del Tribunale di Cagliari (cfr. Trib. Cagliari, ord. 02/05/2015), richiamandosi alla dottrina in materia (cfr. Sesta, “La filiazione”; Cattaneo, “Della filiazione legittima”; Cicu, “La filiazione”) e ad una risalente sentenza della Cassazione (cfr. Cass., 24/03/1953, n. 757), ha ritenuto ammissibile la proposizione dell’azione di disconoscimento di paternità prima della nascita del figlio, a condizione che il figlio nasca nel corso del processo, essendo litisconsorte necessario e dovendosi quindi integrare il contraddittorio nei confronti di un curatore del minore da nominarsi ai sensi dell’art. 78 c.p.c., potendo pronunciarsi la sentenza di disconoscimento solo una volta che il figlio sia nato (la nascita è quindi condizione e non presupposto dell’azione).
Sulla proponibilità dell'azione anche prima della nascita del figlio, si segnala una conforme recentissima pronuncia del Tribunale di Verona (Trib. Verona, 25/01/2019), che ha ritenuto ammissibile la domanda di disconoscimento di paternità proposta dalla madre prima della nascita del figlio, essendo orientamento costante quello secondo cui le condizioni dell'azione, pur carenti al momento dell'introduzione del giudizio, determinano l'esaminabilità della domanda ove sopraggiungano in corso di causa e prima del momento della decisione (cfr. Cass., Sez. Un., 20 giugno 2000, n. 453; Cass. civ., Sez. I, 22/11/2002, n. 16494).
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